Le altre prove di innocenza

La corposa cartella clinica della parte offesa – agli atti del processo e mai debitamente tenuta in considerazione – è sottoposta all’attenzione del prof. Alessandro Meluzzi, Psichiatra, al quale viene richiesta un’analisi relativa al profilo del denunciante. Egli si esprime nei seguenti termini:

“La parte offesa di questa intricata ed orribile vicenda, affetta, suo malgrado, da certificate patologie psichiatriche di tale gravità da invalidarne la sfera volitiva ed emotiva, rappresenta nelle sue testimonianze spaccati di realtà che ben possono essere esistiti solo nel suo immaginario, siano colposamente o dolosamente artefatti.  Le patologie riportate e certificate della parte offesa ben avrebbero dovuto fare sorgere una particolare attenzione al Giudicante sulle dichiarazioni che venivano rese, con una maggior necessità di vagliarne il contenuto, che invece è stato ripreso acriticamente e sostanzialmente digerito dal sistema giudiziario senza alcun vaglio. Nella sua tendenza manipolatoria la parte offesa è riuscito a manipolare anche chi lo stava ascoltando”.

Viene inoltre presentata ai Giudici un’esaustiva relazione di consulenza tecnico-informatica a cura dell’Ing. Michele Vitiello, chiamato ad analizzare lo smartphone di Guido Milani, sequestrato dalla Procura Meneghina durante le indagini, sul quale gli Inquirenti hanno ritrovato una serie di messaggi e chat Skype dal contenuto volgare ed esplicito, utilizzate per ricostruire un profilo di Guido Milani assolutamente distorto e surreale.

Guido ha sempre negato con fermezza l’attribuzione di simili messaggi.

Ciò che emerge dalla perizia forense, atta a verificare se il dispositivo sia stato utilizzato anche da altre persone, è sorprendente. Sul cellulare, infatti, il consulente ha rinvenuto, oltre agli account attribuibili al proprietario, anche due diversi account riconducibili ad un soggetto terzo, un giovane ex collaboratore di Guido.

Si legge nelle conclusioni del perito:

“Più nello specifico, l’e-mail “mail 1” è stata utilizzata per registrarsi all’account Samsung associato allo smartphone, mentre l’altra (“mail 2”) è uno degli account Gmail sincronizzati sul dispositivo. Inserendo la mail “mail 1” sulla barra del social network Facebook emerge immediatamente il profilo del ragazzo …”

Lo stesso consulente, nell’analizzare la posta elettronica presente sul dispositivo, certifica la presenza di messaggi, con chiare finalità sessuali, NON ATTRIBUIBILI A GUIDO MILANI MA AL “SOGGETTO TERZO”.

Si legge nelle conclusioni:

“Dall’analisi della posta elettronica ne sono emerse alcune associabili all’account “mail 2” in data 19 aprile 2015, nelle quali l’utente cerca di organizzare incontri con utenti del sito bacheca incontri…”

L’utente terzo si era dunque prima registrato all’account Samsung associato allo smartphone di Guido Milani per poi inviare, dal medesimo dispositivo, una serie di messaggi, mail, conversazioni Skype attribuite dalla Magistratura a Guido ma in realtà inviate da un soggetto terzo.

È sempre il perito a certificarlo:

“A conclusione di quanto emerso durante l’attività di analisi e ricerca, si può affermare che il dispositivo non sia stato utilizzato esclusivamente dal sig. Milani Guido bensì anche dal signor…”

Le prove di non colpevolezza (relazioni urologiche, perizie medico-legali, approfondimento sul profilo psichico del denunciante, consulenza informatica) sono dunque al centro dell’approfondito percorso di revisione processuale in carico alla Corte d’Appello di Brescia.